Un bar alle sette del mattino già infonde aroma di caffè lungo il marciapiede, ogni volta che entra o esce un cliente e si apre la porta d’ingresso.
L’ Happy Bar fa eccezione. Non
perché non disponga di ottimo caffè, piuttosto perché alle sette del mattino è
ancora chiuso. Per una colazione con brioche e cappuccino, occorre trovare un
altro posto. A meno che non si possa attendere fino alle 8 e 30, quando arriva
Loredana.
Sono trent’anni che Loredana
solleva la saracinesca dell’Happy Bar a quell’ora, per poi abbassarla di nuovo alle 21. Tranne se gioca la Roma. In quel caso il bar non chiude fino a
quando non è terminata la partita.
Lo sanno tutti ormai, i clienti
della via, gli unici a frequentare l’Happy Bar, conoscono le abitudini di
lavoro di Loredana e nessuno si azzarda a contestarle. Per le occasioni in cui
si deve partire presto al mattino o si gradirebbe anche un goccetto prima di
andare a letto la sera, magari di ritorno da un viaggio o dopo una lunga
giornata, i frequentatori dell’Happy Bar sono addirittura disposti a rinunciare
al desiderio del momento, pur di non tradire il loro solito spazio
esclusivamente a quel bancone. Nessuno cambia bar.
“Loredana devi annà a studià,
nun fa come tu madre che dopo te ritrovi ignorante e tajata fori dalla bella
vita. La voi fà la bella vita, Loredà? Ah, se ce potessi entrà ‘na volta in quei
palazzi coi portoni grandi e che dentro c’hanno er cancello in fero battuto co
tutti gli rzigogoli e pure er giardino! Me basterebbe fermamme in mezzo a
quelle piante e guardà drento le finestre, tutte quelle stanze cor soffitto a
cassettoni in ‘sti tempi moderni, certo che aveccelo quer soffitto significa
esse proprio ricchi, i cassettoni!! Loredà, ascortame, ce vole che stai sopra i libri, fallo
‘no sforzo a mamma!”
Così ha sempre detto la
signora Lucia, la madre di Loredana, e la figlia fino ai quattordici anni sopra
ai libri c’è stata, però nascondendo sotto le lettere che scriveva al fidanzatino
Giò o le canzoni di cui imparava subito a memoria il testo, non appena le
ascoltava alla radio tre volte.
Loredana, finita la scuola dell’obbligo, era già dietro al bancone del bar. Incinta.
Loredana, finita la scuola dell’obbligo, era già dietro al bancone del bar. Incinta.
“E mò che famo? Chi je dà da
magnà a sto fijolo? Loredà già me spacco la schiena a lavà tutte le scale der palazzo bello, mica ce posso sfamà pure un nipote, nun basta, ce lo sai. E la bancarella de tu padre nun venne miracoli,
mica a casa nostra ce stà er soffitto a cassettoni? Quanto me piace quer soffitto! Ammò ce devi pensà tu a stà creatura nova, sarà sempre mi nipote ma più de tanto affetto nun je posso dà... Perché nun m’hai dato retta, bastava no
sforzo in più sui libri... tutti sordi buttati.”
Ma Loredana non ha mai chiesto
nulla ai genitori da quando ha avuto in sé Luca, il figlio suo e di Giovanni.
L’Happy Bar apparteneva al
padre di Giovanni, il quale alla sua morte gli e lo ha lasciato.
Ma proprio Giovanni, un
malaugurato venerdì, è finito sotto un’auto, mentre usciva proprio dal suo bar. Non è
morto, ma ha riportato lesioni cerebrali che non gli hanno più permesso di
stare dietro al bancone. Ed è così che ne ha preso pieno possesso Loredana.
Nella via, le storie di ognuno
sono condivise di balcone in balcone, sui pianerottoli, lungo le panche della
chiesa, e quello che è accaduto a Giovanni viene raccontato quasi come una
disgrazia che poteva accadere a chiunque altro e di cui tutti si sono sentiti
parte. Da quel giorno a Loredana i clienti non sono mancati mai, neanche la
volta in cui fuori c’erano trenta centimetri di neve.
Loredana se ne accorge che i
suoi clienti le prestano attenzioni, i maschi però, non le loro mogli.
A quaranta cinque anni Loredana è una bella donna, mora, con i capelli sempre
sciolti anche se al bar dovrebbe tenerli legati, vestita di nero per nascondere
eventuali macchie di caffè e sulle labbra rossetto rosso, per sentirsi ancora
attraente. E lo è, gli e lo dimostrano tutti.
L’unico che non può goderne è proprio suo marito Giovanni. Ma a Loredana di questo non importa, da
quando ha avuto quell’incidente lei si è dedicata quotidianamente al lavoro,
per crescere il figlio Luca e mantenere l’assistenza in casa per il marito.
Ormai Luca è grande, lui sì che ha seguito le parole proprio di sua madre, di
Loredana, ed ha preso il diploma all’Istituto alberghiero con il massimo dei
voti, così ha trovato lavoro in uno dei ristoranti del centro, accanto a quei
palazzi con il soffitto a cassettoni che tanto piacevano alla nonna.
Loredana si alza presto al
mattino ma apre il bar alle 8 e 30 perché aspetta l’arrivo della donna che
accudisce il marito, nel frattempo parla con Giovanni, cerca di tenerlo attivo
almeno con il pensiero, gli racconta dei discorsi che fanno gli altri uomini al
bar, di chi si è sposato, di chi ha aperto un negozio nuovo, mentre si occupa
delle faccende di casa. Loredana è convinta che il marito sia in grado di
capire le sue parole, anche se fatica a rispondere anzi, ad articolare
qualsiasi suono. Abitano nella vecchia casa lasciata anche quella dal padre di
Giovanni, gli infissi stanno cedendo, se nevicherà di nuovo sarà troppo freddo
per lui, che sta sempre seduto, sulla sedia a rotelle.
Un cliente del bar ha promesso
a Loredana che andrà a mettere gli infissi nuovi, ad un prezzo scontato, solo
per farle un favore.
Loredana sa come trattare gli avventori,
ha sempre un sorriso per tutti, nonostante conduca una vita affatto leggera ma sa come nasconderla e trova ogni modo per proteggerla dalle dicerie altrui.
Quando c’è la partita della
Roma, anche Loredana partecipa ai cori, gioisce se c’è un goal, esprime pareri
sui giocatori e tutti la accettano come fosse una di loro, della curva, solo
che al momento non può vedere la partita allo stadio ma se la gode nel suo bar,
dietro al bancone, davanti a quello schermo grande che da quando impera,
all’Happy Bar, fa sentire gli abitanti della via un po’ più partecipi dei fatti
del mondo.
Loredana è una donna scaltra,
una volta si è difesa dalle avances di un cliente che aveva aspettato l’ora di
chiusura per spingerla nello sgabuzzino ma lei ha urlato e si è dimenata con
una tale forza che l’uomo ha preferito
lasciare in tempo la sua preda ed evitare di cacciarsi ulteriormente nei guai. Quell’uomo
era di passaggio, di certo non un habitué, e il giorno dopo Loredana non ha
fatto altro che raccontare a tutti l’accaduto, per dimostrare che sapeva reagire alle violenze dei
vigliacchi e che, soprattutto, avrebbe deciso lei se e quando avere un altro
uomo che non fosse Giovanni, quel povero marito a cui troppo presto la vita
aveva negato la felicità coniugale.
"Me volevi tutta, brutto stronzo? T'ho mannato via co 'na manciata de capelli in mano. Facce 'na corda e strozzate, prima de ficcà la lingua addosso a n'altra donna!"
Non subisce l' esistenza Loredana, lei la graffia, con quelle unghie colorate di rosso che ogni giorno ripassa di nuovo smalto, perché l’acqua e i detersivi ne scalfiscono sempre piccoli segmenti e a lei non piace risultare scomposta.
"Me volevi tutta, brutto stronzo? T'ho mannato via co 'na manciata de capelli in mano. Facce 'na corda e strozzate, prima de ficcà la lingua addosso a n'altra donna!"
Non subisce l' esistenza Loredana, lei la graffia, con quelle unghie colorate di rosso che ogni giorno ripassa di nuovo smalto, perché l’acqua e i detersivi ne scalfiscono sempre piccoli segmenti e a lei non piace risultare scomposta.
Loredana non ha mai sporto denuncia
e nessuno si è preoccupato di convincerla a recarsi dai carabinieri. L’Happy
Bar è un luogo in cui sono in molti ad avere commesso errori passati, piccoli
furti, ricettazione, spaccio, risse, animi dalla gioventù turbolenta che hanno
scontato le loro pene ed hanno anche accettato la vita come un limbo che dista
soltanto un passo, quello falso, dall’inferno.
Un giorno, nel mese di Agosto,
a casa di Loredana arriva una lettera dell’Inps che attesta la revoca della
pensione di invalidità beneficiata da Giovanni, a seguito della morte
dell’uomo.
Ma Giovanni sta ancora diritto
sulla sua sedia a rotelle, mangia, beve, guarda fuori della finestra, a volte
abbozza pure un sorriso, anche fosse soltanto uno spasmo involontario dei muscoli
facciali. Giovanni è vivo, non è morto.
“Ma che se sò impazziti? Che se magna 'sta gente?? Sto
caldo j’ha dato ar cervello?! Famo, famo che è tutto 'no scherzo, se sò sbajati, sarà n'omonimo, te chiami Giovanni Gregori, se sò sbajati ma nun è che a Roma ce ne stanno tanti de Giovanni Gregori, o forse sì, alora ce devo capì! Anzi nun ce sta proprio niente da capì.E' n'errore demmerda e basta. Che ce vonno revocà?!? Mò me danno spiegazioni, mo
je faccio vedé io!”
Loredana si infuria, le trema la voce, stringe i pugni per non urlare altro strazio davanti al marito. Si graffia da sola lo smalto
sulle unghie per comprimere la rabbia generata da quel terribile quanto
doloroso errore della burocrazia.
Poi guarda Giovanni, il marito sta
sudando, dietro la schiena ha un asciugamano bagnato. E' l’estate più calda del
millennio, così dicono al bar, e tutte le piante del balcone sono morte, loro
sì, nell’arco di due giorni.
Quella mattina Loredana non va
ad alzare la saracinesca, non aspetta nemmeno che arrivi l’assistenza,
probabilmente le hanno tolto già anche quella. Con tutta la forza che l’afa le
concede, carica Giovanni sulle spalle e lo sistema in auto, poi infila dietro la
carrozzina.
E partono.
E partono.
La donna guida in mezzo al
traffico, Giovanni le è accanto e osserva la città che è meno caotica del solito,
molte persone sono in ferie o in coda per il mare. Da tempo Giovanni non
faceva un giro oltre le pareti dell’appartamento, nonostante quel respiro che viene dall'asfalto, sta dritto sul sedile, sembra quasi riprendere
le forze.
Arrivano alla sede dell’Inps.
Loredana sistema di nuovo il marito sulla sedia a rotelle, lo spinge per il piazzale assolato e i due entrano nello stabile.
Loredana sistema di nuovo il marito sulla sedia a rotelle, lo spinge per il piazzale assolato e i due entrano nello stabile.
Nell’ ufficio pensioni, l’aria
condizionata non funziona. Un impiegato è seduto alla scrivania con le braccia
conserte, le temperature rallentano le energie ed anche il desiderio di
applicarsi. L'impiegato ha però posizionato un ventilatore accanto a sé che gli
concede un dignitoso refrigerio.
Appena Loredana nota il
ventilatore, valica decisa lo spazio dei visitatori, afferra il
marchingegno e lo sistema accanto alla sedia a rotelle del marito.
“E se quarcuno toglie ‘sto
coso da qui è un uomo morto. Lui è morto, no Giovanni mio!”
L’impiegato ha un sussulto che
lo risveglia dal torpore del caldo, guarda Loredana, poi si alza e si avvicina, domanda
spiegazioni. La donna ormai in preda alla foga e ad un coraggio furente chiede
di parlare con il Direttore. Dopo dieci minuti quello arriva, alto, smagrito, una carnagione che non vede il sole da anni, con la giacca che tradisce il sudore sotto il braccio. Su una mano stringe un fazzoletto, l'altra la allunga a Loredana.
Cosa si siano detti il Direttore
e Loredana, cosa abbia detto la donna per prima non è stato mai raccontato in
maniera precisa al bar. Chi dice che lei lo abbia preso a male parole, chi
sostiene che gli abbia tirato in faccia la lettera, chi addirittura il
ventilatore. Una cosa è certa, che non se ne sia andata fino a quando non ha ricevuto in mano la
revoca della sospensione.
C’è pure chi afferma che Giovanni, proprio lui, abbia
biascicato una sola parola, in quella occasione, dopo anni di silenzio:
“Vaffanculo”.
Fatto sta che Loredana e
Giovanni sono poi usciti dal palazzo con tanto di scuse da parte di tutto
l’Ufficio Inps.
Loredana quella mattina non ha
aperto proprio l’Happy Bar, si è concessa una giornata di ferie, ha preso la
direzione del mare e ha portato Giovanni a fare una passeggiata lungo il molo.
Hanno anche comperato un gelato artigianale. “Te piace Giovà? Cattivo nun se
po’ dì, ma manco bono. E’ mejo quello der bar nostro, vero Giovà?”.
Giovanni davanti a quel mare,
con il viso della moglie difronte che gli imboccava il gelato aiutandosi con un
cucchiaino, ha avuto uno spasmo muscolare.
“E’ stato er sorriso più bello
che m’avesse fatto mai, sembravamo du ragazzini”.
Così Loredana lo ha raccontato
a tutti, il giorno dopo, l’aspettavano, e non mancava nessuno al bancone dell’Happy
Bar.
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