Devo aspettare un paio d’ore, mi aggiro senza meta nella parte
vecchia della città, arrivo davanti alla chiesa
ortodossa russa. Nel cortile della chiesa siamo in due, oltre a me c’è una
donna con indosso un lungo cappotto di pelle verde, con un grande collo di pelliccia
verde dal quale spunta la testa riparata dal cappello a falde larghe nero. Ci
guardiamo. Chissà perché siamo qui, in questa parte della città, tra palazzine
di fine '800 e la chiesa ortodossa russa.
Poi la donna si allontana, dopo
poco anch’io mi perdo tra le vie strette della vieille ville.
Più tardi, torno a camminare
lungo il corso principale, si è animato di gente che esce dal lavoro, le facce
illuminate dalle luci delle boutiques. Anche se è solo la seconda volta che
visito la città, avverto di non essere del tutto un’estranea.
Quando di nuovo mi incrocio con
quella signora dal lungo cappotto di pelle verde. Ci guardiamo, mi sorride. Anche lei mi
ha riconosciuta.
Due giorni dopo.
Gita a circa 40
chilometri di distanza. Un’altra città, un altro lago, la stessa lingua, un’ altra nazione.
Cammino lungo la riva, alzo lo
sguardo verso l’orizzonte e lo vedo. Quel cappotto lungo di pelle verde con
il collo di pelliccia verde, dal quale spunta il cappello a falde larghe nero.
Non
è possibile, è sempre lei?!?
La donna arriva fino al molo poi
si volta per tornare indietro, ci incrociamo. Sul suo viso una timida espressione
di stupore, entrambe accenniamo un sorriso e stavolta anche un “Bonjour”.
Lo dicevo che questa zona, tra il Rodano, i laghi, la raclette e le Alpi, ormai
ha quelque chose di familiare.
Io inizierei a pensare ad una sceneggiatura da queste atmosfere... Me piacciono! brava Laré! davide
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